sabato 28 giugno 2008

che c'hai de fresco? - bis

qualsiasi tiggì, un edizione qualunque. da quando ha smesso di piovere e ha cominciato a far caldo come in vietnam, nessun notiziario ne può fare a meno: tutti hanno il loro bel dottorone che si prodiga in consigli utili ai presunti idioti afflitti dalla calura. il professore - di solito un primario, intervistato dalla palombelli di turno - non ha dubbi: "italiani, dovete bere almeno due litri d'acqua al giorno, mangiare frutta e non uscire nelle ore più calde".
il problema è che stando in casa nelle ore più calde, gonfi d'acqua e gelato come zampogne, si finisce per guardare i telegiornali. meglio uscire, collassare dopo due bicchieri di bianco ghiacciato e l'impepata di cozze, chiudere cani e figli in macchina sotto il sole e poi finire tutti insieme al pronto soccorso dove trovi un dottore che fa il suo lavoro, al contrario dello specialista che spara cazzate in tivù.

che c'hai de fresco?

tg5, edizione delle 20. si parte con la bagarre sui magistrati e le intercettazioni telefoniche. segue il siluramento di donadoni con l'impronosticabile ritorno di marcello lippi (a proposito: pare che se, disgraziatamente, totò di natale avesse segnato il suo calcio di rigore, il quinto tiro dal dischetto l'avrebbe tirato e sbagliato marcello lippi in persona, in un ritaglio di tempo tra gli impegni di pesca in versilia). poi puntatina sulla luna di miele di briatore, sulla sparizione del polo nord (lo ritroveranno tra 25 anni insieme a emanuela orlandi) e il solito punto sul delitto di perugia.
ma la perla giornalistica se la tengono per il gran finale: cesara buonamici dallo studio lancia il servizio su una sorprendente ricerca della coldiretti. l'ufficio studi degli amici agricoltori - che magari viene "foraggiato" con soldi pubblici - avrebbe scoperto che all'arrivo del caldo sta corrispondendo un boom nel consumo di gelato. ottimo lavoro, ragazzi: troppo banale invitarvi ad andare a zappare la terra? e quel che è peggio sono le immagini che accompagnano il servizio, le stesse da cinque anni almeno: i tedeschi che si bagnano i piedi nella fontana di trevi, la fila dal gelataio dove non trovi più il gusto puffo, l'anziano (defunto da circa due anni) che si si sventola sulla panchina ai giardinetti con una copia del corriere della sera (dove si intravede un titolo su fabio grosso e un calcio di rigore, non saprei dire a che periodo si può riferire).
comunque, io al gelato preferisco sempre una birra, bélla frésca. e non sono l'unico.

amen

leggo che uno dei boss della banda della magliana, de pedis, è seppellito nella cripta di sant’apollinare, una basilica a due passi dal vaticano. a welby il vicariato di roma negò i funerali religiosi richiesti dalla famiglia. mah.
per fortuna, a farmi scambiare un segno di pace con l'istituzione d'oltre tevere mi arriva sulla mail di lavoro questo comunicato "illuminante": "cari colleghi, a seguito delle celebrazioni per l'ostensione della salma di san pio, vi segnaliamo la positiva gestione degli impianti della chiesa di padre pio da parte di x, azienda che si occupa della gestione di grandi edifici pubblici e di ottimizzazione delle risorse energetiche. la società, leader in italia nella gestione dell’energia e nel facility management per edifici pubblici, è responsabile della gestione e manutenzione degli impianti di riscaldamento, condizionamento e ventilazione, idrico sanitari, antincendio, elettrici, conservativi della struttura edile, di portierato e sicurezza della chiesa di padre pio, seconda per grandezza solo alla basilica di san pietro in vaticano". poi viene il bello: "nella sola giornata dell’esposizione del santo, l’edificio, creato da renzo piano per ospitare al suo interno ben settemila persone con un buon (!) margine di sicurezza, è stato visitato da circa quindicimila fedeli, ma sono già più di ottocentomila le prenotazioni per visitare la cripta".
traduco: i pellegrini, nonostante il margine di sicurezza fosse solo buono, non sono rimasti al buio, non si sono menati, i cessi erano tuttosommato agibili anche a fine giornata e l'aria condizionata, grazie a dio, non ha fatto scherzi. insomma, non c'è santo che tenga: è stata davvero un'esposizione coi fiocchi. venghino pure gli altri ottocentomila.

mercoledì 25 giugno 2008

giob sörc

gentile società,
mi chiamo tango, ho una consolidata esperienza nel settore editoriale dove lavoro da una decina d’anni in qualità di redattore. in particolare, mi sono occupato del lancio delle riviste a e b. collaboro inoltre con il mensile c. ricopro infine incarichi di consulenza per il centro media d.
mi caratterizzano precisione, attitudine al lavoro in team e flessibilità.
in allegato vi invio il mio curriculum vitae. consiglio, in caso di aeroplanino, l'utilizzo di carta riciclata: favorisce l'atterraggio.

augurandomi che le mie competenze possano riscontrare il vostro interesse, colgo l'occasione per porgervi i miei più cordiali saluti.
s-tango

sabato 21 giugno 2008

lingue, biciclette e tunnel ritmici

“non ci si può distrarre un attimo. il gran tapis roulant del presente ti scappa via da sotto i piedi e ti porta dove vuole lui. tocca riprendere le misure continuamente, rifare le mappe, aggiustare le enciclopedie. non se ne stanno fermi un attimo, quelli là. esempio minimo, ma neanche poi tanto: jovanotti. ero rimasto a quando era jovanotti, cioè uno che detto il nome era detto tutto, al confronto johnny dorelli è un nome d’arte da intellettuale (…)
oggi il concerto di jovanotti è un tunnel ritmico che scava sotto le settemila vite dei settemila presenti, e là sotto stampa nel buio storie dopo storie, con la scrittura magnetica e fluorescente del rap. testi e musica fanno la loro parte: il resto, che è il più, lo fa lui. un talentaccio, non c’è molto da dire. funambolico folletto che annulla il confine tra palcoscenico e gente (…)

c’è un modo di vedere le cose per cui jovanotti è qualcosa di più di un prodotto commerciale che funziona. se solo si riuscisse a far fuori per un attimo tutta quella faccenda della cultura alta e bassa, serie a e serie b, se si riuscisse a uscirne, allora resterebbe il semplice dato di fatto che ci sono delle storie da raccontare, e a decidere quali sopravviveranno è la forza del narratore che le racconta”.
alessandro baricco, barnum, 1997.

undici anni dopo, secondo me il jova è diventato ancora più forte. nel concerto che ho visto qualche giorno fa ha cantato, ballato, fatto cantare e fatto ballare, senza troppi pistolotti. una scelta perfetta, sarà che io di pistolotti ne ho piene le palle. solo musica (della madonna), pochissime parole a strumenti spenti, immagini suggestive che integrano i testi delle canzoni e un sacco di gente allegra, alla faccia del traffico e della pioggia monsonica di quei giorni milanesi.
ci sono canzoni di jovanotti che, come delle pile potentissime, illuminano uno dopo l’altro gli ultimi quindici anni della mia vita. e il concerto diventa una specie di piano-sequenza ritmico e melodico sul mio passato. ma un concerto è anche presente da sudare, mica solo ricordi: shake, testi intelligenti, altri ingenui ma disarmanti, brividi, vibrazioni, basso e batteria che mi picchiano nella pancia. che figata. fino a quando parte “a te”. eccoci, aspettavo con timore e deferenza il momento: tutto intorno esplode la limonation. devo essere capitato in una festa di compleanno delle scuole medie. anzi no, qui limona gente di tutte le età, altro che scuole medie. se non ci fosse il coro da stadio (“a te che seiiiiii, semplicemente sei…”) potrei udire il rumore delle lingue frullanti. come fanno a cantare e limonare allo stesso tempo? soprattutto, che fare? traccheggio. io sono in compagnia di due senza famiglia come me: potremmo fonderci in unico, disperato, promiscuo triangolo limonante tra noi. no, finiremmo per compromettere solidi rapporti. oppure potrei prendere per mano il tizio, solo, di fianco a me in un gran gesto di solidarietà maschile. no, finiremmo per compromettere la reputazione della solidarietà maschile. allora mi guardo intorno. c’è una tizia che piange, avrà quarant’anni passati: mi consenta, si contenga, penso tra me. poi scruto l’orologio e spero passi presto sta canzone. ma il latrato dagli spalti insiste, si perpetua, cresce (“sostanza dei giorni mieiiiii…”). aiuto. vacillo, temo di scivolare sull’enorme tappeto di salive grondanti dei limonatori. affogato nelle bave dei fan di jovanotti: che fine ingloriosa, io che sognavo di perire durante la discesa dall’everest o al massimo per infarto a un gol di cambiasso. adesso ho paura: la canzone sembra non poter terminare e l’onda anomala delle salive continua a montare (e la signora continua a piangere il suo personalissimo lutto amoroso: potrei tentare di consolarla pro domo mea, ma sarebbe come tampinare una vedova a un funerale). allora mi concentro e penso solo a come salvarmi la pelle: forse potrei fare come quel tipo che ha cavalcato col surf lo tsunami. ecco l’appiglio: quale può essere il mio surf se non la mia bellissima, gialla, performante, adorata mountain bike? ho trovato: mi concentro su di lei e gliela dedico tutta col cuore sta canzone. due ruote potenti per scivolare via veloce sulle lingue degli innamorati. mi unisco al coro, senza sbavare: “a te che mi hai insegnato i sogni e l’arte dell’avventura, a te che credi nel coraggio e anche nella paura, le forze della natura si concentrano in te, sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano, a te che sei l’unica amica che io posso avere, che riesci a render la fatica un immenso piacere”.
bella, la mia bianchi.

falla girare! –
http://www.youtube.com/watch?v=81mnnwe_tmg

colori

dopo quattro ore di scarpinatio, su e giù sotto il sole dell'appennino ligure, inframezzate da uno dei miei "mezzi bagni" (nel mare sono freddoloso, prudente, non galleggiante - parafrasando woody: un padano non anfibio), mi hanno attraversato diversi pensieri.
"meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto", di eugenio montale, che grosso modo era di quelle parti.
i boschi del signore degli anelli, un pelo più afosi però.
i colori di matisse.

bianco e nero

“capitolo primo. adorava new york. la idolatrava smisuratamente”. ma no, è meglio: “la mitizzava smisuratamente. per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero, e pulsava dei grandi motivi di george gershwin”. ahhm, no, fammi ricominciare da capo. “capitolo primo. era troppo romantico riguardo a manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto. trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. per lui new york significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione”. no, roba stantia, troppo stantia, di un gusto…
insomma, dài, impegnati un po’ di più. “capitolo primo. adorava new york. per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in una…” non sarà troppo predicatorio? insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. “capitolo primo. adorava new york, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. com’era difficile esistere in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia”. troppo arrabbiato. non voglio essere arrabbiato. “capitolo primo. era duro e romantico come la città che amava. dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre”.
no, aspetta, ci sono. “new york era la sua città e lo sarebbe sempre stata”.
manhattan, woody allen, 1979

no alarms and no surprises

Anche questa volta mi sono perso il concerto dei radiohead. vaffanculo.
“un cuore riempito come una discarica di rifiuti, lividi che non guariranno, mi prenderò una vita tranquilla, niente allarmi e nessuna sorpresa, per favore (…)”
no surprises - http://www.youtube.com/watch?v=qqsyXdj_p_I&feature=related

martedì 17 giugno 2008

l'uovo

se mi guardo indietro, penso di aver bivaccato in un sacco di pantani psicologici perché sono schiavo della teoria dell'uovo. teoria che ho scoperto grazie a woody. nella scena finale di io e annie una voce fuori campo racconta: “dottore, mia moglie pensa di essere una gallina” – “me la porti qui che con un paio di sedute la guarisco” – “sì, e poi a me chi lo dà l’uovo?”. ecco, ci sono dei rapporti umani assurdi, amicizie non-sense con ex fidanzate comprese, che esistono o sono esistiti in nome dell’uovo.

non è normale

europei di calcio: l’italia “uorldcempion” si piglia tre pizze dall’olanda. nella bagarre mediatica che ne segue è facile individuare i due soliti filoni ben distinti: da una parte tivù e giornali che la mettono giù dura, e dall’altra i “grandi normalizzatori”. i primi urlano, son tutti commissari tecnici, preconizzano ripercussioni politico-istituzionali post-eliminazione. i secondi, per la maggior parte calciatori e allenatori, sono invece quelli che tutto “è normale”.
oggi mi sono alzato particolarmente incazzato col “partitodelnormale”. di fronte a qualsiasi domanda la loro risposta comincia sempre allo stesso modo: “oggi avete giocato bene” – “è normale, ci siamo allenati, siamo un grande gruppo”. “oggi avete fatto cagare” – “è normale, ci sono anche gli avversari in campo”. ch’io mi ricordi ha cominciato con sta tiritera arrigo sacchi, il “gurudelnormale”. lui e il suo gruppo di atleti “con dei valori”. ricordo epigoni quasi grotteschi tra i suoi discepoli: beppe signori, roby baggio, paolo maldini, oggi toni, delpiero e zanetti oppure vieri (che conosce tre vocaboli: è + normale + figa).

amici miei, se parliamo di calcio non c’è niente di normale: non è normale il vostro stipendio; non è normale che la gente si accoppi negli autogrill e poi mammà piangente in tele ci dica che “era un ragazzo normale”; non è normale che quando fai un gol ti togli la maglia e sotto c’hai la foto dei tuoi figli, di gesù o della madonna del presepe (cosa c’è di più intimo e privato dei tuoi figli e della tua fede?). se stai nel calcio, e il calcio ti dà da vivere (bene), per favore non dire che è normale.

chi l'ha vista


ho sempre pensato che sinead o'connor, con quegli occhi lì, avrebbe potuto dire e fare quello che voleva. e in effetti ha detto e fatto quello che voleva: si è rapata a zero, ha stracciato la foto del papa durante un concerto, ha fatto un figlio a 18 anni, è diventata cicciona, è sparita. chissà che fine ha fatto?
in questi giorni autunnali prestati alla primavera, pensavo che questa canzone, nothing compares 2 u, e questo video sono un incastro perfetto di immagini e musica: http://www.youtube.com/watch?v=zkRUs-6szsk

un fisico scolpito - da chi?

dopo aver corso per un’oretta o camminato in montagna per una giornata mi sento bene. stanco, certo, ma quasi quasi mi sembra di avere il fisico. un fisico scolpito, da uno scultore un po’ ubriaco, ma scolpito. mi servirebbe qualche muscolo in più e qualche pelo in meno, così per dirne un paio a casaccio. se rinasco voglio essere come justin timberlake ma col cervello di carlo rubbia: justin rubbia. molto meglio di carlo timberlake.

sabato 7 giugno 2008

sassi suoi

c’è un mio amico che fa un lavoro serio e complicato. uno di quei lavori che ti porti a casa la sera, che magari non ci dormi perché che ti butta nella pancia un sacco di responsabilità. lo fa un po' a modo suo, ma lo fa bene. sta male come un cane, si fa delle menate pazzesche, ma poi lo fa bene. ogni tanto dice che vuole scappare nella foresta o a fotografare le balene, ma per adesso è ancora qui.
il mio amico è uno che piace molto alle ragazze perché, dicono, “è inafferrabile”. naturalmente per l’unica, o quasi, che nella vita l’ha trattato male s’è preso una sbandata micidiale. l'unica vive lontano e lui non la vede mai. e forse proprio in quanto incarnazione di una grande assenza, l'unica è diventata una specie di ossessione: è più giovane, fa il lavoro che forse lui avrebbe voluto fare, gli ha detto cose stronze, probabilmente sta insieme a qualcun altro.
qualche tempo fa il mio amico se ne va da solo al mare e, come al solito, la pensa. in spiaggia raccoglie un sassolino e lo porta a casa per regalarglielo. vuole dirle che, pensandola, l’ha visto e l’ha raccolto. alla fine di regalarle il sassolino non c’è nemmeno l’occasione. qualche tempo dopo (forse un anno) torna al mare e rimette il sassolino esattamente nel posto dove l’ha trovato, sperando di rimettere a posto, insieme al sasso, anche qualcos’altro nella sua testa frullante.

adesso, io non lo so se frulla ancora - gli auguro di no. ma so che certi nati nel settantuno vengono dalla luna e che “moon river” è la colonna sonora giusta per questa storia: http://www.youtube.com/watch?v=SAGmqFLtSfA

mercoledì 4 giugno 2008

non mi viene la top 5...

ciao anonimo/a che hai commentato "capitan findus". non mi viene la top 5 cinematografica e son due giorni che ci penso, mannaggia a te. che domande mi fai? finirà che mentre guido mi toccherà prendere appunti ogni volta che mi tornano alla mente i film e poi, bum!, mi affaccerò sul sedile posteriore della macchina davanti (probabilmente guidata da quella che fingeva di avere un "bimbo a bordo": http://tangometiu.blogspot.com/2008/05/bimbo-bordo.html). vale lo stesso se butto lì un pò di titoli a casaccio? poi tra un quarto d'ora su qualcuno cambio idea, ne sono certo. me ne verranno in mente altri e mi pentirò di averli dimenticati. insomma, mi stai facendo soffrire.
dai, vado, così a capocchia tipo lista della spesa:
una storia vera di david lynch, gatto nero gatto bianco di emir kusturica, pulp fiction di quentin tarantino, the million dollar hotel di wim wenders, marrakech express e turnè di gabriele salvatores, quasi tutto woody allen (ma qui potrei tentare una top 5: crimini e misfatti, provaci ancora sam, manhattan, io e annie, zelig), quasi tutto stanley kubrick (con una predilizione per barry lindon, eyes wide shut e shining), sur di fernando solanas, terra e libertà di ken loach, alì di michael mann, l'infernale quinlan di orson welles, l'inquilino del terzo piano di roman polansky e tutti i lungometraggi di lupin.
più di recente mi sono piaciuti tanto in to the wild di sean penn, il labirinto del fauno di guillermo del toro, about a boy dei fratelli weitz, le vite degli altri di florian henckel e tutta la trilogia del signore degli anelli di peter jackson.
un gradino sotto metto camera con vista di james ivory, il sesto senso di shyamalan (come zacco se chiama de nome?), il postino di massimo troisi, il toro di carlo mazzacurati, la sconosciuta di giuseppe tornatore, the others di amenabar (come zacco se richiama de nome?).
ultimamente vado poco al cinema, ma il film più brutto che ho visto quest'anno è decisamente colpo d'occhio di sergio rubini: pretenzioso, è la frittata alla pugliese di match point di woody allen, recitato da due pali della luce (scamarcio e la puccini). adesso vorrei vedere il vento fa il suo giro di giorgio diritti - so che a naso mi piacerà. e poi l'importante è starsene ben lontani da qualsiasi film in cui compare nicolas vaporidis o qualcuno della generazione mocciamuccino. non trovi?
e, visto che m'hai provocato, beccate anche il mio tema preferito da una colonna sonora: è the lonely shepherd di gheorghe zamfir, tratto da kill bill volume uno, non ci sono parole per spiegare quanto è bella quella scena con la neve...

http://www.youtube.com/watch?v=dafyQJdPPXo&feature=related
però adesso tocca a te, a voi, mi postate qualche lista della spesa cinematografica?