giovedì 29 marzo 2012

scappatodicasa e i sette nani (disperati)

non voglio portare via il lavoro a biancaneve, sia chiaro.
però, con la scusa di un “blog award” non meglio precisato, le quattro maestrine-ciliegine e la professoressa annastella-boh mi hanno dato da fare i compiti a casa e io non posso continuare a fare il “tame nanca”: devo raccontare sette cose (vere) di me, sennò diranno ai miei delle letterine sconce che ho infilato nella borsa della supplente.
sette cose.
siccome sono basso un metro e settantatre centimetri (cinquantatre per la questura, novantatre per gli organizzatori), mi vengono in mente i sette nani.
bene. se il bagno è occupato, mentre aspetti puoi leggere qui sotto la favola dei sette tappi che albergano dentro di me.

dotto – lo detesto, come detesto tutti quelli che sanno tutto loro. qualcosa comunque so anch’io, anche se non ricordo esattamente che cosa e soprattutto a che cosa serve. mi rimane solo un flashback: volevo fare il postino e per questo ho estorto allo stato una laurea in lettere in enne, comodi, anni.

pisolo – c’è un nano dentro di me che appena può dorme. tra i sette, è il nano dominante. come un camaleonte, nelle domeniche di pioggia assume i colori del divano. quando la mattina suona la sveglia caccia una saracca tonante e chiede aiuto a brontolo.

brontolo – lo pago profumatamente per lamentarsi della sveglia mattutina, delle recenti sventure dell’inter, delle sindromi premestruali, dei treni che arrivano in ritardo e del mio capo-obesa-mentale. a volte anche della fame nel mondo. e ‘sto scassa minchia non sa neppure cucinare.

eolo – è inutile che pensi subito all’aerofagia. ogni tanto sgaso anch’io, come tutti. ma niente di patologico. eolo è la mia anima ambientalista: viva l’energia eolica!

gongolo – una volta gli ho chiesto che cosa aveva da sorridere con ‘sta crisi economica, il riscaldamento globale e i libri di susanna tamaro. mi ha risposto che aveva appena visto un vecchio film di woody allen e stava partendo per un fine settimana a camminare nei boschi.

cucciolo – ho combattuto anni per farlo fuori. credo poi se ne sia andato da solo, spaventato, quando ha scoperto che dormo con la maglietta dell’incredibile hulk, bevo il liquore alla liquirizia e lancio le scarpe sul televisore se compaiono maria de filippi o diego forlan.

mammolo – va con regolarità a farsi stirare le camicie dalla mamma. e allora?

bon, finito. compiti fatti. adesso posso guardare “lupin”?

piesse: una mia amica ha visto in un giardino la statua di biancaneve con nove nani.
nove.
se hai una spiegazione razionale al fatto postala qui sotto, per favore, che la poverina non riesce più a dormire e c’ha pure una neonata che la sveglia ogni due ore per mangiare. grazie di cuore.

venerdì 23 marzo 2012

manda anche tu a cagare un “tame nanca”!

“tame nanca”.
no, non è un manga giapponese, né un fastidio all’anca dopo che hai corso la mezza maratona. e non è neppure il nome del figlio di lappoelcan.
è una vecchia espressione dialettale milanese. significa “come niente”.
un “tame nanca” era un tale delle mie parti che – così mi raccontano (c’ho quarant’anni mica centoventi) – pareva calato da un altro pianeta nella bassa padana d’inizio novecento. un essere imperturbabile alle faccende terrene. uno yogi dei fossi. qualsiasi cosa gli succedesse o gli si dicesse, il “tame nanca” non reagiva e andava avanti per la sua strada “come niente”.
ma il (o la) “tame nanca” del terzo millennio è uno stronzo alienato nella città-che-va-di-corsa. il “tame nanca”, per esempio, è il cinquantenne con la valigetta ventiquattrore che ti schiaccia il piede in metropolitana, tu ti giri per accettare le sue scuse e lui niente. il “tame nanca” è il tizio che gli dici “grazie” e il “prego” è un’optional come l’airbag sulla panda. il “tame nanca” è quell’altro che, quando si arriva all’unisono davanti a una porta, ti scosti per dargli strada e questo passa senza nemmeno farti un cenno. il “tame nanca” è il vicino che incroci sul pianerottolo, gli dici “buongiorno” e questo non fiata risposta. il “tame nanca” è il ragazzino che sale con uno zaino di tre metri cubi in spalla su un autobus stipato stile tokyo e te lo sbatte sul muso quindici volte senza domandare scusa. la “tame nanca” è la sciura parcheggiata in seconda fila che, bloccando tram e autobus, pensa “cazzo c’ha da suonare quel cafone dell’autista?!”
ti propongo una battaglia di civiltà: sfida il “tame nanca” mandandolo a cagare. anche preventivamente, se hai il sospetto che lo sia. e se ti guarda con aria interrogativa, fai anche tu il “tame nanca” oppure digli che è tutta colpa del blog “scappato di casa”. così viene qua e lo mando a cagare pure io.

piesse: c’ho una curiosità, come si dice “tame nanca” dalle tue parti?

domenica 18 marzo 2012

invitati disperati – se ne sposa un altro

sono circondato. se ne sposa un altro. e un altro paio sono inverosimilmente diventati padri. ti giri un attimo – il tempo, per me, di un paio di film, qualche giorno di lavoro più impegnativo degli altri o una camminata in montagna – e questi annunciano in un colpo solo che: hanno conosciuto una, si sono innamorati, stanno già convivendo e si sposeranno entro l’anno perché vogliono sette figli. forse otto, per evitare battute sui sette nani: lui non è kareem abdul jabbar e lei è la tipa ideale da avere seduta davanti al cinema.
dal “come ti chiami?” alla decisione del matrimonio nell’arco di quindici giorni. dopo averci fatto attendere quarant’anni.
l’avrai capito, sto parlando di personaggi con una serie di capitoli alle spalle che t’immaginavi un finale diverso alla storia: tacchini da ufficio, gitani del cazzeggio, cleptomani dell’apparato riproduttore femminile, cani da stagiste, premi nobel sul fuorigioco e oscar per il miglior bevitore di bianchi non protagonista. soggetti più forti sulla birra moretti che sui film di nanni moretti.
in certi casi, sfigati colossali.
si sposano tutti.
tutti.
e, quel che è peggio, raccontano in giro che farsi 250 chilometri di autostrada per andare all’outlet la domenica non è così male. nella loro vita, al massimo della forma, ne avevano fatti quindici per andare a vedere l’inter o il milan. “stem apost”, come diceva mia nonna.
tutta gente, è evidente, ricattabile all’altare. quasi quasi lascio il tran tran della vita d’ufficio milanese e divento un infido ricattatore professionista pre-matrimoniale.

lunedì 12 marzo 2012

anfibi disperati – e se si rovescia la barca?

se mi guardo allo specchio non vedo né branchie né pinne né omega tre in eccesso. e nemmeno libidinosi pescatori di tonni alle mie spalle. io non sono un pesce e nemmeno sono particolarmente anfibio. quindi non capisco perché dovrei nuotare.
la leggenda vuole che io sappia galleggiare. e questo è importante. è importante perché – dice il profeta isacco – “verrà un giorno in cui ti salverai galleggiando sulla merda”.
sono abbastanza sportivo, occhei, ma il nuoto non è uno sport: come insegna woody, nell’acqua, se non nuoti, affoghi. se non corri mentre giochi al pallone al massimo ti fischiano e ti sostituiscono. mica muori schifosamente gonfio e blu.
eppure, quando d’estate siamo lì con l’acqua fresca alle cosce, una beck’s nel gargarozzo e lo sguardo perso sul tramonto del mare, c’è sempre qualcuno che deve spezzare l’incantesimo: “ma perché non fai un corso per imparare a nuotare”?
e di anno in anno si fanno più aggressivi: “no, non è possibile”, “pazzesco, non sai che cosa ti perdi”, “e se si rovescia la barca?”, “ma perché non sei rimasto in montagna?”.
e ti risparmio il resto del campionario da capitano findus.
tutta gente che prima o poi affogherò di persona. o, mi auguro, finirà i suoi giorni riversa a mollo grazie a una congestione post impepata di cozze. o sulle scialuppe bucate di qualche crociera, ripescata con le fiche della roulette in tasca, un anemone in uno sfintere qualsiasi e nelle orecchie le imperdibili barzellette degli animatori di bordo.
tutta gente che ha finito per mandarmi sui maroni anche federica pellegrini. che quando la vedo sulla pedana ormai tifo per le olandesi. e prego compaia un piragna nella vasca idromassaggio dove pasticcia col fidanzato.
detto ciò, essere bipedi di terra è una scelta orgogliosa ma anche dolorosa. per dire: quando faccio la doccia, e mi entra l’acqua nelle orecchie o nel naso, io panico. ci sono sempre quei cinque secondi in cui penso che morirò e mi ritroveranno, dopo un paio di giorni, nudo con il bebi sciampo gionson in testa.

piesse: quello nella foto sono io dopo la doccia, sorpreso dalla vicina seminuda a spiare nel buco che ho fatto nella parete. non c’è acqua nel naso che tenga.

giovedì 8 marzo 2012

il mio avatar

il mio avatar è piccoletto, viziato, abbastanza incazzoso, arrapato. ha un culo di piombo piantato sopra una schiscetta omaggio e la citrosodina sempre a portata di mano.
ogni tanto, se la citrosodina fa effetto, rutta forte. poi si sente meglio. in quei brevi momenti dopo la (s)corretta digestione pensa che il mondo sia splendido, anche se un po’ malinconico, e gli piglia la vena romantica.
il mio avatar, sotto sotto, si diverte. si diverte perché crede che a buttarla a ridere tutte le volte che si può fa bene. è la sua linea di resistenza.
ma non sempre si può buttarla a ridere. e allora frigna un po’ o si fa un’altra citrosodina.
il mio avatar è un tipetto fortunato. solo nell’ultimo mese, per darti un’idea, ha inciso un disco rep che è andato in classifica, è stato intervistato dalla bignardi e da “vanity fair”, ha indovinato chi avrebbe vinto sanremo, ha ricevuto una proposta d’ingaggio dalla squadra di calcio allenata dal black e ha passeggiato di sera sulla neve.
la vita è forte nell’era del blog.

“… vedi caro amico, cosa si deve inventare, per poter riderci sopra, per continuare a sperare…”

venerdì 2 marzo 2012

le dieci domande che tutti i blogger dovrebbero farsi una volta nella vita

1. se mi unisco con “google friend connect” al mio stesso blog è considerata masturbazione?

2. perché c’è gente che ha trovato il mio blog digitando su google “escort africa”, “culo” e “pisello piccolo”?

3.

4. leggo qualcosa al punto tre?

5. non c’è scritto niente, no?

6. forse sono diventato cieco per colpa del punto 1?

7. e se quella lì carina che mi commenta spesso fosse in realtà un camionista obeso di cantù?

8. uso g-mail perché spero che mio marito trovi finalmente il punto?

9. se finisco le idee prima di arrivare a dieci mi tocca cambiare il titolo del post?

10. devo essere orgoglioso che un amico abbia confessato di leggermi con l’ipad seduto sul cesso?