venerdì 26 giugno 2009

“… e adesso ridono dentro al bar”

primo maggio 2008. dieci e venti di domenica mattina. ventesimo minuto del primo tempo. sei seduto su una panchina, non in un parco ma a bordo campo. l’orizzonte è tutto scuro e senti le gambe molli. tanto molli. sei brutto da vedere. grigiastro, direi. non c’è dubbio: stai per svenire. poi qualcuno ti passa un bicchiere di thè caldo e una bustina di zucchero.
dieci minuti prima pensavi di essere maicon. ma dai: non giocavi da un anno. c’hai la tua età, ormai. ti sei alzato alle 9:40 e non hai fatto nemmeno colazione. e se ti danno una palla lunga in profondità sapersi trattenere dall’inseguirla per forza è sintomo d’intelligenza, non di scarso impegno. che poi quella roba che hai crossato era corta anche su un campo di subbuteo. soprattutto, fare un po’ di riscaldamento non vuol dire ciondolare cinque-minuti-cinque sull’erba al sole, sparando cazzate con altri dieci aspiranti suicidi.
adesso lo zucchero ha fatto effetto. non sei più grigio topo e vorresti rientrare. per fortuna ne va giù un altro, che c’ha pure un anno meno di te, e ti tocca accompagnarlo negli spogliatoi. “stiramento”, dice. con scarsa convinzione, durante la doccia vi date appuntamento alla partita del 2009.
(quest’anno non sono svenuto, quindi non c’è molto da raccontare).

martedì 23 giugno 2009

replica

accendo la radio. al posto di uno dei miei programmi preferiti trovo un collage di robe registrate lo scorso inverno. al telegiornale hanno già mandato in onda il solito servizio del 2003 sul boom dei consumi di gelato che coincide con i primi caldi. bon. mi sento autorizzato a ripubblicare anch’io una roba che ho scritto un anno fa. control+c, control+v e siamo apposto.
che c’hai de fresco?
qualsiasi tiggì, un’edizione qualunque. da quando è smesso di piovere e ha cominciato a far caldo come in vietnam, nessun notiziario ne può fare a meno: tutti hanno il loro bel dottorone che si prodiga in consigli utili ai presunti idioti afflitti dalla calura. il professore – di solito un primario, intervistato dalla palombelli di turno – non ha dubbi: “italiani, dovete bere almeno due litri d’acqua al giorno, mangiare frutta e non uscire nelle ore più calde”.
il problema è che stando in casa nelle ore più calde, gonfi d’acqua e banane come zampogne, si finisce per guardare i telegiornali. meglio uscire, collassare dopo due bicchieri di bianco ghiacciato e l’impepata di cozze, chiudere cani e figli in macchina sotto il sole e poi finire tutti insieme al pronto soccorso dove trovi un dottore che fa il suo lavoro, al contrario dello specialista che spara cazzate in tivù.

fornelli disperati – il futurista

se non fosse per la battaglia contro la pastasciutta – che non condivido – in cucina ho scoperto di essere una sorta di “futurista”. leggo che il precursore della cucina futurista è considerato un cuoco francese, tal jules maincave. costui nel 1914 aderì al movimento artistico e, annoiato dai “metodi tradizionali delle mescolanze”, a suo dire “monotoni sino alla stupidità”, si ripropose di “avvicinare elementi separati da prevenzioni senza fondamento”. e auspicò la creazione di “bocconi simultaneisti e cangianti”. esattamente quello che faccio io, senza saperlo, quando apro le scatolette in offerta della settimana e le fondo in un unico calderone. oppure quando mescolo roba scaduta da un paio di settimane con altra che scadrà tra due mesi per bilanciare le scadenze, ottenendo simpatici arcobaleni batterici.
ma proprio mentre comincio a compiacermi dell’arte che potrebbe celarsi dietro la mia demenza culinaria, m’imbatto in quel passo sulla pasta: “l’alimento amidaceo”, sostenevano marinetti e i suoi sodali, sarebbe "colpevole di ingenerare negli assuefatti consumatori fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo”. mi domando che gli avrà fatto di così male lo spago coi frutti di mare. gli avranno rifilato del pesce avariato, mi rispondo, e non aveva tisane al finocchio a portata di mano.
nella mia enciclopedia sulla storia della cucina scopro poi che i futuristi si impegnarono anche a italianizzare alcuni termini di origine straniera. il cocktail, per esempio, divenne la polibibita (che si ordinava al quisibeve e non al bar). in modo analogo il sandwich prese il nome di traidue, il dessert di peralzarsi e il picnic di pranzoalsole. com’è evidente, i futuristi non stavano bene. ma quando l’altro giorno, nel bel mezzo di una conferenza a cinisello balsamo, c’hanno proposto un networking lunch invece del pranzo ho sentito dentro di me agitarsi il fantasma di marinetti. poi mi son fatto un piattone di pasta e sono tornato il fiacco, inattivo e neutrale di sempre. giusto in tempo per russare un’oretta davanti alla sessione pomeridiana di power point.

venerdì 12 giugno 2009

i vespi

oggi è una brutta giornata: stamani sulla radio nazionale erretielle centodueecinque è andata in onda l’ultima puntata del programma condotto a due voci da bruno e federico vespa. il conduttore di rai uno e suo figlio, proprio loro. qualche volta li ho ascoltati, credo per mettermi alla prova. è una teoria che ho mutuato da un amico: lui sostiene di fare le cose che non gli piacciono e lo mettono in difficoltà per capire le proprie reazioni. una volta per “testarsi” ha partecipato a un week end di ritiro spirituale di gruppo in abbazia: al ritorno si è trombato quella che ce l’aveva invitato. la mia conclusione è che il test non è risultato attendibile dal punto di vista scientifico.
ma tant’è. la mia coi “vespi” è tutta un’altra storia: ogni tanto ci casco mentre sono in coda in auto. annebbiato dall’umore del mattino, rimango lì. un po’ per curiosità, un po’ per masochismo, un po’ per incazzarmi. ma, soprattutto, perché mentre mi rovisto il naso con una mano con l’altra devo guidare e non posso cambiare frequenza troppo spesso. i vespi commentano fatti di cronaca e fattacci della politica. la perla dell’anno me l’ha regalata quello più giuovane dei due: “ma in fondo – ha chiesto al babbo poche mattine fa – nella busta paga degli italiani cambia qualcosa se il premier fa salire sugli aerei di stato il cantante apicella e qualche ragazzina?”.
sono quelle cose che – nel confronto – ti fanno sentire straordinariamente impegnato, intelligente, corretto, sensibile, attento, etico. perfino bello. mi mancheranno, i vespi. non vedo l’ora che arrivi settembre col nuovo palinsesto.