domenica 21 dicembre 2008

maledettamente adattabile

è grossomodo da un anno che mi gira in testa un elogio dell’adattabilità. una grandiosa capacità di adattarmi, infatti, mi ha fatto convivere con un sacco di situazioni complicate. però, poi, questo elogio non l’ho mai scritto perché penso che allo stesso tempo quella stessa capacità di adattarmi mi frega tutte le volte. i treni sono sempre più in ritardo? piano piano, mi ci abituo. vivo in una casa più piccola? col tempo, mi adatto alle nuove scomodità. la coda del mattino peggiora? eppure non cambio strada: mi assuefaccio. aspetto una telefonata che non arriva? alla fine mi accomodo sul fatto che non arriverà mai. credo ormai di essere in grado anche di allargare delle scarpe strette. e a volte arrivo al punto di allargare anche le scarpe strette agli altri. forse è arrivato il momento di sfilarle quelle scarpe e tirarle in faccia al bigliettaio, a quello che mi tampona, a chi non mi telefona, a chi non rispetta la fila, a chi mi tossisce addosso senza chiedere scusa. almeno questo è quello che penso dopo una domenica passata davanti allo schermo della tv, spenta, immaginando da lontano i cotillon dello shopping natalizio. cotillon ai quali non mi sono mai adattato. per tutto il resto, temo che continuerò ad adattarmi (ma con una scarpa in canna).

mercoledì 17 dicembre 2008

come tex

luci spente. temperatura sui cinque gradi. andamento lento. un cinese mi tossisce addosso a intervalli regolari. andamento lentissimo. lamentele assordanti ai cellulari. andamento fermo. credo che il cinese stia per vomitare. un pensiero alle hawaii. dopo venti minuti si riparte. un ringraziamento all’onnipotente. il cinese doveva solo tossire. altro ringraziamento all’onnipotente. se proprio deve vomitare che lo faccia addosso al controllore. mi faccio largo per scendere. scendo. guardo l’ora. insulto l’onnipotente. sono le nove. guardo con odio e pietà la stazione effeesse. due ore e dieci minuti per percorrere i 23 chilometri che mi separano dall’ufficio. prego l’onnipotente: ridammi la mia macchina alla svelta. domani si ricomincia. cammino verso casa. penso che in caso di pioggia eviterò il tram: non mi piace la nuova fermata “sempione lago”. cerco le chiavi. da qualche altra parte del mondo sta partendo la frecciarossa: un’ora per andare da milano a bologna. la frecciarossa è arrivata. apro la porta. sento pungere: è la frecciarossa che si è infilzata proprio in culo ai pendolari. starnutisco. in cinese. strappo la freccia come tex. ma dovrò cenare in piedi.

martedì 16 dicembre 2008

pioggia, rum e (a)rachidi

decidere di cambiare lavoro è stato un parto. dunque, non potevo farmi mancare una piccola depressione post parto. per fortuna la mia inerzia è stata scossa da un tale con la golf aziendale che mi ha tamponato al semaforo scuotendomi una cosa, che si chiama rachide cervicale, di cui non conoscevo l’esistenza. adesso che la conosco e mi fa male la curo con la tachipirigna, un farmaco brasiliano leggermente alcolico (ne esiste anche una variante russa, la tachipiroska, senza dimenticare la tachipirissima che è pensata per chi con l’analgesico preferisce il rum). e poi qui non smette di piovere: c’è da impazzire. anzi, se non fossi così impegnato ad avere sonno, sarei già impazzito.

venerdì 5 dicembre 2008

apparecchiatevi voi

si avvicina a grandi balzi il 25 dicembre. che porta in dono i giorni dei parenti apparecchiati. sarebbe il momento giusto, adesso che si è finalmente svuotata, per scappare sull’isola dei famosi. magari non con la prima che passa, aggiungerei in un impeto di romanticismo natalizio.

“very superstitious, writing’s on the wall…”

certe sere mi siedo davanti alla tivù. poi, per fortuna, non mi ricordo più dove ho messo il telecomando. allora ripiego su un giornale dove può capitare d’imbattersi in un’intervista a una nota giornalista, moglie di un noto politico. leggiucchio distrattamente, fino a quando il botta e risposta prende una piega drammatica: si parla della crisi economica e delle sue cause. “tutta colpa del viola”, è la chiave di lettura. sì, il colore-porta-sfiga, da un po’ sdoganato dalla moda. mannaggia agli stilisti e agli italiani che lo portano: come non averci pensato prima? il viola è ormai dappertutto: bruciate quei tappeti da arcivescovado, per favore, buttate le camicie da paramento funebre e le sciarpe cinerarie. malmenate i trend setter dell’upim, dell’emporio armani e dell’ikea. e, soprattutto, chiedete scusa ai banchieri col conto in svizzera, ai finanzieri creativi, ai consulenti spacciatori di bond argentini, ai broker cocainomani: lasciate che si sfilino il senso di colpa (se ce l’hanno) che noi ci sfiliamo il maglione più ganzo che abbiamo.

e beccatevi ‘sto stevie:
http://www.youtube.com/watch?v=wDZFf0pm0SE

senza titolo

“nel mio silenzio anche un sorriso può fare rumore”.
lucio battisti, “nel cuore, nell’anima”

giovedì 4 dicembre 2008

sant'anonimo, intercedi per noi

nella coda del mattino c’è un anonimato affascinante. tutti uguali, uno dietro l’altro, tutti in fila. prima, seconda e, molto di rado, terza. camion, smart, suv e cinquecento. nelle orecchie, erretielle, digei, conigli che ruggiscono, radiopopolari, rassegne stampa, travestiti moralisti o compact disc. più spesso, telefonini. tutti a farsela passare, nell’attesa di scavalcare finalmente quel semaforo o quella rotonda messa lì da un assessore che deve aver studiato la viabilità a sumatra.
ma c’è sempre qualcuno che cerca di uscire dall’anonimato, e sfreccia beatamente a sinistra della fila rischiando il frontale con i salmoni che risalgono controcorrente. io preferisco restare quatto tra gli anonimi, a invidiare i salmoni che trovano acqua libera salvo in caso di frontale col protagonista del giorno. secondo me l’anonimato è ormai la più somma tra le virtù, e non solo se sei in coda al mattino. oggi ci credo davvero, a costo di essere ricordato come il secondo degli 883.
domani, poi, magari cambio idea e parto in quarta in corsia di emergenza, tanto le cose che scrivo qui hanno il valore di un giorno o due, come le farfalle. e certe volte nemmeno quello.

lunedì 1 dicembre 2008

la troppa gentilezza

“amico mio, benvenuto nei carpazi. vi aspetto con ansia. riposate bene questa notte. domattina alle tre la diligenza partirà per bucovina; troverete un posto riservato per voi. al passo borgo ci sarà ad aspettarvi la mia carrozza che vi porterà fin qui. spero che il viaggio da londra sia stato buono, e vi auguro un felice soggiorno nella mia bella terra.
il vostro amico,
dracula”.
bram stoker, “dracula”, lettera a jonathan harker, 5 maggio 1819

essemmesse mics

“scusa, stasera non ce la faccio, sono a pezzi”
“ti capisco. se mi fossi alzato io alle sei come fai tu adesso sarei al pronto soccorso, addormentato dentro la tac”
“ma non è solo la stanchezza. è che non mi si può guardare”
“cosa ti succede? hai la sindrome di oscar wilde al contrario?”
“sapessi cos’è, potrei provare a rispondere…”
“dice che in certe sere ti guardi allo specchio e trovi i tuoi capelli così perfetti che non puoi restare in casa”
“appunto. io invece certe sere ho delle occhiaie così artistiche che non posso uscire…”
“… e già, rischi che quelli della lipu ti scambino per una civetta in via d’estinzione. poi ti mettono nell’oasi protetta con il gufo-califano, la specie più rara e ingrifata che c’è. pensa che non vede una civetta da due anni, esattamente da quando l’hanno impallinato. ma siccome l’hanno impallinato proprio lì tecnicamente non corri rischi”
“prrrrrrrrrr… stavo bevendo il caffé e ne ho spruzzato metà sul tappeto dal ridere…”
“meglio così. c’è la crisi e le tintorie hanno bisogno di clienti”
“a proposito di crisi. il tuo vecchio lavoro? hai risolto quei casini che avevi in ballo?”
“sì, abbiamo trovato un discreto accordo. per ora lo stanno mantenendo”
“tanto non hai un amico avvocato?”
“sì, se è per quello anche uno anestesista, però non vorrei… dai adesso ti lascio. auguri per domenica, l’anno prossimo ti faccio la torta”
“la battuta migliore la tieni sempre per il finale?”