siccome millanto di saper
cucinare un risotto al vino rosso che neppure uno chef, una disgraziata lo
vuole testare. tento di farla ragionare: “il risotto d’estate è come la granita
a natale e poi sono distratto dai campionati europei di calcio, in particolare
dalle tifose polacche”. ma non sente ragioni.
la serata nasce sotto
pessimi auspici.
già in coda al supermercato
mi tocca assistere a una discussione su chi sia il gay tra i calciatori della
nazionale. come sai, cecchi paone ha detto “sono stato con un azzurro”: se sarà
inchiappettato er grande puffo*(1).
provo ad alimentare
ulteriore zizzania chiedendo se amanda lear c’ha il pisello oppure no. chiude i
conti la commessa con un dilemma meno scollacciato: bollini per le posate o
punti sulla carta fedeltà?
arrivo a casa. indosso il
grembiule da combattimento, prendo il riso e mi accingo a metterlo a bagno nel
vino*(2). ma scopro che il rosso mosso – vacca la co2 – è rocambolescamente
esploso nella dispensa durante il caloroso pomeriggio, schizzando i pavimenti,
il giubbino della tuta e il calendario con le ricette afrodisiache di suor
germana.
troppa pressione e il
turacciolo s’è sparato via, succede. nessun mistero: bossari e la barale
possono stare a casa loro.
il botto l’ha fatto un
frizzantino imbottigliato dal babbo. e lo dico subito per l’omino dei servizi
segreti che legge i blog: il babbo è un tranquillo pensionato,
mica un dinamitardo. semmai, fai un controllo nelle cantine sociali della bassa
padana che a gasare così il gutturnio prima o poi ci fan scappare il
morto. poi diranno da vespa che bin laden era di piacenza. o che il mullà omàr
si nasconde nell’oltrepò pavese.
bon, comunque la cena salta:
il risotto o si fa bene o non si fa.
è evidente: tutto depone
contro la mia piena affermazione come angelo del focolare. pensare che da una
vita sogno di cantare “e quando il pane sforno, oaaaaaaa, lo tengo caldo per
te”.
invece mi tocca scongelare
un’altra ciabattina dell’ipercoop.
manca qualcosa, lo so. ma è
inutile che insisti: il nome della disgraziata che doveva venire a cena non te
lo dico. sennò fabio caressa mi mena. sappi, però, che se nel prossimo libro di
maledetta parodi trovi il risotto alla bin laden, l’ha copiato da me.
tempo di lettura del post: un minuto e quaranta
secondi
tempo di cottura del riso: regolati con i minuti
scritti sulla scatola e poi assaggia, dai. a volte mi vien da pensare che la
laurea l’hai presa anche tu in albania
note a cura del comitato scientifico di
scappatodicasa.com:
*(1) l’affermazione dell’autore è approssimativa. la
canzone di cristina d’avena recita testualmente “gli strani ometti blu”: di
conseguenza anche er grande puffo è da considerare blu e non azzurro
*(2) il segreto per un buon risotto al vino rosso è
mettere il riso a bagno nel vino (meglio se non esplosivo) almeno dieci ore
prima di cucinarlo*(3)
note a cura di metiu scappato di casa:
*(3) no, complimenti. oltre a mangiare alle mie
spalle con tutto quello che vi pago per la supervisione scientifica del blog,
divulgate il mio no-au così, a reti unificate. siete senza vergogna. questa è
l’ultima che mi fate