mercoledì 29 aprile 2009

perma-flex

non s’incazzano mai. ascoltano il parere di tutti. lasciano correre. a prima vista.
a conoscerli meglio, poi, qualche volta s’incazzano. fanno finta di ascoltare ma non ti ascoltano. lasciano correre ma se ti prendono…
a prima vista, sono flessibili e non se la prendono.
a conoscerli meglio, poi, sanno essere rigidi e permalosi.
ma è là in mezzo, tra la prima vista e il conoscerli meglio, che viene il bello: perché là in mezzo riescono a essere al tempo stesso permalosi e flessibili. perma-flex, in pratica.
in questi giorni pensavo che potrei fare il leader dei materassi con gli spuntoni di vetro.

martedì 14 aprile 2009

l'acqua di pasquetta non è santa

pugni appoggiati sul tavolo a compensare un equilibrio ormai smarrito. sguardo vuoto verso l’orizzonte degli altri commensali. colorito giallastro che nemmeno in vietnam. labbro inferiore tremolante. irritabilità evidente.
nelle tre ore precedenti l’amico alle prese con l’arduo scoglio della digestione aveva ingerito (non ricordo se proprio in quest’ordine): due flut di bianco con bollicine, tre salamini al barolo, due bicchieri di grignolino, due tomini con aglio e peperoncino, un etto di carne cruda condita, tre bicchieri di barbera del monferrato, un piatto di affettati misti, un bicchiere di acqua naturale a temperatura ambiente, due etti di pane, peperoni in bagna cauda, abbondante lingua in salsa verde virata visitors, un richiamo di grignolino, imprecisate fette di vitello tonnatissimo, tre buste di grissini “baléngo”, vol au vent alla fonduta, agnolotti al ragù di carne, un richiamo di barbera, risotto agli asparagi, un bicchiere di acqua gassata piuttosto fredda, fritto misto alla piemontese (cervello, fegato, mela, amaretti, bistecchina, salsiccia e banana), un ulteriore richiamo di barbera, capretto con contorno di carote saltate con cipolla e amianto di casale, fragole con zucchero e limone (in cucina era finito l’aglio), un flut di moscato, discreta porzione di tiramisù fatto in house, caffè, due grappe e amaro della casa. e altri due grissini “baléngo”.
circa un’ora dopo, mentre guardiamo dalla collina il sole allungare l’ombra della centrale nucleare di trino vercellese, l’amico mi rutta in faccia un: “lo sapevo che non dovevo bere l’acqua fredda”.

giovedì 2 aprile 2009

koalizziamoci contro la pioggia

so di essere ripetitivo. quindi mi ripeto: la pioggia mi rompe il cazzo. c’è più traffico, ho le calze umidicce, perdo un ombrello al giorno, mi fa male una caviglia, tra i sedili del treno corrono ruscelli melmosi. e, se ritrovassi l’ombrello che ho perso, lo romperei sonoramente sulla testa di tutti quelli che mi circondano, innervositi come me dalla pioggia. e poi quelli, a loro volta, mi romperebbero un ombrellone da lungomare riminese sulla schiena o sul cofano della macchina (chissà perché tutto questo livore nei miei confronti).
ergo, meglio stare a casa, quanno chiove. propongo di “koalizzarci” contro il maltempo: se fa brutto, spegniamo la sveglia (non dico: “posponi”, dico proprio: “esci”), giriamoci dall’altro parte e aggrappiamoci a tenaglia a mogli, cuscini, cugini, gatti, figli, fidanzate, braccioli del divano, furetti, amiche, idraulici, bambole gonfiabili, mamme, cani, babbi, pesci rossi o zie. e stiamo lì. però non vorrei essere frainteso: non che col sole io vada in ufficio volentieri. nelle belle giornate dovrebbero pagarmi il triplo per lavorare perché mi stanno togliendo arbitrariamente la possibilità di andare a stendermi al mare, camminare in montagna o pirlare in bici lungo i navigli.
(rileggendomi, penso di proporre questo post come emendamento al decreto “anticrisi”).